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Public Management, II ciclo, Università degli Studi di Palermo

Sede: Palermo 

Dipartimento: DEMS – Scienze Politiche e delle Relazioni internazionali

Lingua in cui si tiene il corso: Inglese

Link al corso: https://www.unipa.it/dipartimenti/dems/cds/scienzedelleamministrazioniedelleorganizzazionicomplesse2163/curriculum-public-management/index.html

 

Entrambi i programmi di studio intendono formare una nuova figura professionale: quella del “facilitatore” dei processi di apprendimento e dei processi decisionali che coinvolgano diversi attori sociali chiamati a rispondere a problemi sistemici e “globali”; problemi che non si prestano ad un approccio settoriale, mono-disciplinare e statico. Tra questi problemi, un ruolo particolare è occupato da quelli che la letteratura ha definito come wicked problems, cioè da quelle tematiche multiformi nel tempo e nello spazio che – specialmente oggi – pongono alla società e alle sue istituzioni delle sfide senza precedenti. Ad esempio: la regolazione dei flussi migratori, il terrorismo, la globalizzazione dei mercati, l’invecchiamento della popolazione, la prevenzione e il controllo del crimine, il miglioramento della qualità della vita nelle aree urbane metropolitane e nelle periferie, la salute e lo sport, l’inquinamento, i disastri naturali, la marginalizzazione sociale.  Particolarmente nell’ultimo decennio, specialmente le dinamiche generate da questa ‘famiglia’ di problemi hanno dimostrato l’imprevedibilità dei fenomeni ai quali una pluralità di decisori operanti in diverse istituzioni è chiamata a fornire delle risposte.

In tale contesto, i modelli interpretativi, le regolamentazioni, i processi e gli strumenti decisionali tradizionali si sono rivelati obsoleti. Tali approcci al governo e alla formulazione delle decisioni tendono, per la più parte, ad essere caratterizzati da una prospettiva statica (cioè, tale da non considerare il peso della variabile “tempo” e le implicazioni di “trade-off” che da questo discendono), settoriale (cioè, mono-disciplinare), e atomistica (cioè, tale da frazionare il governo nel solo alveo delle politiche e delle decisioni formulate nell’ambito di singole istituzioni o di singole componenti di una istituzione, perdendo così di vista la prospettiva del sistema sottostante ai problemi stessi). Un esempio, al riguardo, è fornito dalle politiche di risanamento finanziario che, in diversi paesi del mondo, le amministrazioni di Comuni capoluogo di aree urbane metropolitane hanno adottato. Nell’intento di recuperare livelli efficienza nella spesa pubblica, e di ripristinare un equilibrio nei bilanci comunali, tali politiche sono state talvolta incentrate sulla adozione di “tagli trasversali” nella stessa, e specialmente nella contrazione delle c.d. “spese per lo sviluppo” (come ad esempio quelle per le infrastrutture, per il verde pubblico, per l’assistenza sociale, per la prevenzione dei rischi). Tale politica ha gradualmente condotto ad un peggioramento della “qualità̀ della vita” e dell’attrattività̀ dei territori presidiati da tali Comuni, dando così luogo ad ulteriori problemi finanziari per l’amministrazione finanziaria di tali istituzioni.  Nella prospettiva descritta, determinati ambiti decisionali riguardanti il settore pubblico, e tradizionalmente identificati in modo univoco con riferimento all’autorità e alla responsabilità di specifiche istituzioni o agenzie – come, ad esempio, per quanto concerne le infrastrutture, l’istruzione, i trasporti, lo smaltimento dei rifiuti, la valorizzazione dei beni culturali – non si prestano oggi a questa visione atomistica. La necessità di un più forte coordinamento tra istituzioni e decisori pubblici e, tra questi, e istituzioni private (es.: imprese, enti sportivi, associazioni non profit, famiglie) richiede la formulazione e attuazione di politiche che derivino da una visione condivisa della struttura causale sottostante ai problemi da affrontare. Tale coordinamento implica pure la ricerca di una maggiore capacità di attuazione delle politiche pubbliche e di valutazione del loro impatto. Si tratta, dunque, di un coordinamento inteso sia in senso “verticale” che “orizzontale”, volto a superare barriere distorsive di diversa natura (politica, amministrativa, di regolamentazione, di linguaggio, culturali, professionali).  Il processo di apprendimento strategico che può supportare il cambiamento descritto costituisce la chiave attraverso la quale l’approccio “Dynamic Performance Management & Governance” offre il concreto vantaggio per una evoluzione delle conoscenze e delle pratiche applicative in un’ottica interdisciplinare.  Sebbene le decisioni volte a fornire una risposta a tali problematiche non possano che essere formulate nell’ambito di singole istituzioni che si avvalgano di specifiche competenze e professionalità, oggi queste devono sempre più discendere da una governance collaborativa che presupponga la capacità dei decisori di combinare una visione macro con una visione micro, con riferimento alla chiave di lettura dei fenomeni analizzati. Questa prospettiva, attraverso l’analisi delle relazioni di feedback tra struttura e dinamica dei sistemi, è tale da favorire un migliore allineamento tra sistema giuridico-istituzionale, sistema socio-politico e culturale, e sistema manageriale, tale da sostenere un miglioramento delle prestazioni che guardi anche agli outcome, e non soltanto agli output o ai presupposti formali sottostanti alle azioni intraprese da ciascun decisore.